Siamo una cooperativa agricola nata nel 1988, che coltiva ortaggi, fragole, erbe aromatiche e fiori su 60 ettari di terra con metodi di agricoltura biologica. Siamo animati da una visione che va oltre la semplice coltivazione: crediamo nell'autogestione del lavoro, nel rifiuto del profitto concentrato nelle mani di pochi, e nell'investire gli utili per creare nuove opportunità di occupazione e crescita collettiva.
Ci consideriamo "custodi" della Terra, non padroni. Coltiviamo affinché le nostre piante diventino un ponte tra il "Padre Cielo" e la "Madre Terra". La nostra attività agricola si integra con progetti di tutela ambientale, iniziative culturali e artistiche, e il recupero delle tradizioni contadine, convinti che questi elementi siano fondamentali per coltivare "secondo Natura".
Siamo “contadini resistenti”: portiamo avanti un'agricoltura che rispetta i ritmi della terra, valorizza la comunità e sostiene un equilibrio tra uomo e ambiente.
La Coop. Ca’ Magre è nata dall’incontro di quattro giovani amici (2 donne e 2 uomini), stanchi del proprio lavoro (impiegato, operaio e insegnante) e con la voglia di intraprendere una propria attività originale in un settore “innovativamente tradizionale”.
Ecco quindi la scelta della Cooperativa, dove ognuno ha la grande opportunità di autogestire il proprio lavoro, dove il capitale conta meno del lavoro e dell’impegno, dove la solidarietà si può concretizzare sia a livello sociale che economico.
Ed ecco quindi la scelta dell’agricoltura biologica, consapevoli testimoni della non sostenibilità oltre che della dannosità di un’agricoltura convenzionale sempre più spenta, sempre più drogata, sempre più dipendente dalla chimica.
Il progetto inizia quindi a prendere forma: trovare del terreno con una casa dove plasmare l’azienda agricola, in forma cooperativa, dei nostri sogni. Facile a dirsi ma non facile a realizzarsi vista la difficoltà per dei giovani senza arte né parte e con i capelli lunghi di avere “l’accesso alla terra”.
Nel frattempo, mentre l’idea e le condizioni maturavano, abbiamo sentito il bisogno di fare un’esperienza agricola in una struttura già avviata e consolidata. Siamo nel 1986 e i due anni di lavoro in una Cooperativa agricola convenzionale ci hanno permesso da un lato di conoscere i meccanismi relazionali all’interno di una cooperativa e dall’altro di rafforzare ancora di più la volontà di fare agricoltura biologica.
In questa esperienza abbiamo toccato con mano l’abuso della chimica nella coltivazione della terra.
Arrivati al 1988 eravamo quindi “pronti” per tentare la nostra avventura.
Avevamo trovato un terreno di 12.000 mq circa con un fabbricato diroccato e cadente, dove non c’era acqua, dove il terreno proveniva da anni e anni di coltivazioni depauperanti e distruttive di tabacco, dove la sostanza organica non esisteva, dove in certi punti il campo era molto simile ad un deserto e dove la presenza di nematodi nel terreno era talmente elevata che nessuno ci voleva più coltivare.
Per noi però era il posto più bello del mondo.
Anche perchè era l’unico dove il proprietario ci aveva dato credito, concedendo la possibilità di pagarlo (85.000.000 di lire) in tre anni senza interessi. Lo ringraziamo ancora per questo.
A quel punto ci siamo resi conto che avevamo bisogno di una mano su due fronti: su quello agricolo per iniziare una conversione al biologico della terra e su quello societario per portare avanti la costituzione della Cooperativa.
Da un lato ci siamo rivolti a due agricoltori biologici (Giuseppe Fontanabona e Roberto Forapan) della zona che ci hanno indicato la corretta via per iniziare: uso intensivo per due anni della pratica del sovescio, con relativi e abbondanti apporti di letame al fine di aumentare il tenore della sostanza organica, base fondamentale per poter coltivare ortaggi.
Sull’altro lato ci siamo rivolti alla MAG (Mutua autogestione) che tra i suoi scopi ha anche quello di accompagnare e promuovere nuove forme imprenditoriali nel settore dell’economia solidale e dell’impresa sociale.
A distanza di 20 anni collaboriamo ancora attivamente con queste persone, perseguendo tuttora quegli obiettivi sociali e agricoli che ci hanno fatto nascere. Li ringraziamo inoltre per averci teso una mano, nel momento in cui ne avevamo bisogno.
I primi tre anni sono quindi passati lavorando gratuitamente nella Cooperativa durante il tempo libero e facendo lavori stagionali all’esterno per poter pagare il costo del fondo, stante il fatto che finanziamenti pubblici non ne abbiamo avuti e che tutto è stato acquistato mediante autofinanziamento da soci.
Iniziava intanto a prendere forma il progetto concreto e le attività nelle quali la nostra Cooperativa si sarebbe impegnata.
Eravamo consapevoli e convinti che per noi era necessario operare una diversificazione delle attività agricole.
La coltivazione del fondo doveva essere la base fondamentale, ma accanto ad essa dovevano affiancarsi altre attività collaterali e sinergiche a questa.
Hanno preso forma quindi, nel nostro progetto, la vendita diretta (spaccio aziendale e mercati), l’agriturismo (alloggio e ristorazione), la fattoria didattica e le azioni di salvaguardia ambientale diretta.
Tutto era ancora nella nostra testa, ma eravamo sicuri che quella poteva essere la strada giusta per noi.
Per far capire l’innovazione, pertanto, vorrei far presente che parlare di vendita diretta 20 anni fa era come parlare di aria fritta, di cose inutili. Venivamo guardati come dei sognatori irrazionali. La diffusione che sta avendo negli ultimi anni la vendita diretta da parte delle aziende agricole ci conferma che non era così, che l’intuizione non era poi così campata per aria. La diversificazione delle attività agricole è diventata patrimonio comune dell’agricoltura italiana ed europea.
Occorreva solamente mettere in pratica ciò che avevamo chiaro nella testa. Con un piccolo handicap. Eravamo senza attrezzatura, senza soldi, con poca esperienza, ma con tanta voglia di fare e di impegnarci.
Eravamo consapevoli che quello era il progetto della nostra vita e che avrebbe potuto aprire innumerevoli opportunità lavorative per altre persone.
Una possibilità molto importante per noi in quel periodo è stata quella di accedere ad alcuni appalti per manutenzioni e rimboschimenti presso il Parco del Mincio di Mantova.
Questo ci ha permesso di avere le prime entrate sicure da poter poi investire in azienda e di prendere coscienza dell’importanza, spesso dimenticata e sottovalutata, dell’albero per l’uomo.
Nel contempo abbiamo iniziato ad avere qualche ortaggio di nostra produzione e a partire con la vendita in azienda e in qualche mercato rionale.
Ci siamo resi conto che la cosa per noi era importante, perchè dava un’entrata immediata per un prodotto che veniva raccolto e venduto, e che l’acquirente apprezzava la freschezza del prodotto stesso e la competitività del prezzo.
Questo, fin da subito è stato uno dei nostri principali obiettivi.
L’agricoltura biologica sarebbe dovuta essere accessibile a livello economico per tutte le fasce sociali e non solo per le fasce economicamente benestanti.
Una delle maggiori soddisfazioni che personalmente ho tuttora nei mercati è vedere che anche i pensionati e i lavoratori precari vengono a far la spesa al nostro banco. Questo mi riempie di sincera felicità.
Con la vendita dei primi prodotti e con gli introiti derivanti dagli appalti per i rimboschimenti abbiamo iniziato la ristrutturazione del fabbricato.
Un piccolo lavoro alla volta, a seconda delle possibilità, tale ristrutturazione è durata la bellezza di 8 anni, nei quali mattone per mattone, ci sembrava di ricostruire una reggia.
Abbiamo mantenuto la struttura preesistente senza sovvertire nulla dell’impianto originario, conservando i materiali che erano stati usati 150 anni prima per quella casa.
Vorrei far presente a questo proposito la presenza di muri fatti di argilla cruda i quali in origine erano fatti per risparmiare la cottura, ma che da un punto di vista sanitario hanno una funzione importantissima perché l’argilla cruda assorbe umidità quando ce n’è in eccesso e la cede quando ce n’è in difetto.
La ristrutturazione prevedeva una sala per ristorante, una sala per attività culturali, 5 camere da letto, uno spaccio vendita prodotti e 2 appartamenti.
Abbiamo cercato di progettare pannelli solari non sul tetto ma su una parte della facciata d’entrata dell’agriturismo.
Questo non si è potuto realizzare perchè la commissione edilizia comunale ha bocciato il progetto non ritenendolo in sintonia con l’architettura rurale.
È sufficiente fare un giro per le nostre campagne per rendersi conto quanto sia elastico e disatteso il concetto di architettura rurale.
Per noi però la regola era stata applicata in maniera rigida. A quel tempo, parlare di pannelli solari era ancora una provocazione rivoluzionaria.
Per poter ristrutturare in ambito agricolo è indispensabile dimostrare la propria qualifica di imprenditori agricoli.
Alla fine siamo riusciti a trovare una soluzione con un’interpretazione di una norma del Regolamento di attuazione regionale della legge sull’agriturismo e la ristrutturazione ha potuto andare avanti.
Eravamo diventati anche soci fondatori della Coop. “La Primavera”, la realtà a tutt’oggi più importante a livello agricolo biologico della Provincia di Verona e della Regione Veneto.
Questo ci ha permesso sicuramente di fare un grande salto di qualità.
Il mettersi insieme a gran parte degli agricoltori biologici veronesi ci ha dato la possibilità di confrontarci e migliorarci da un punto di vista agricolo, ma anche di avere più possibilità nel reperire prodotti da mettere nella nostra vendita diretta (specialmente frutta che noi non coltiviamo), direttamente da aziende agricole sicure e conosciute.
I mercatini stavano allargando la propria attività: Mantova, San Giovanni Lupatoto, Bovolone, più lo spaccio in azienda.
L’attività agricola di pari passo aumentava, in conseguenza dell’aumento di richiesta di prodotti per i mercatini.
Ai 12.000 mq iniziali si erano aggiunti altri 24.000 mq presi in affitto nelle vicinanze.
Anche il parco macchine andava ad aumentare.
C’erano le condizioni perché i soci iniziassero a lavorare stabilmente in azienda, anche con l’entrata di una nuova socia che intendeva impegnarsi nel progetto.
Adesso la maggioranza della Cooperativa era donna.
Per alcuni anni abbiamo lavorato duramente per stabilizzare e consolidare questo stato di cose e per essere pienamente padroni, da un punto di vista professionale, della materia agricola.
Per quanto riguarda l’attività di tutela ambientale abbiamo preso in affitto dal 1998 otto ettari di zona umida all’interno della “Palude di Pellegrina” e abbiamo fatto un progetto di rinaturalizzazione della zona.
È necessario specificare che la Palude di Pellegrina è un sito di importanza comunitaria perché costituisce una dei 3 residui lembi di zona umida esistenti tuttora, zona che faceva parte di un importante territorio palustre conosciuto come Valli Grandi Veronesi.
Ecco quindi l’importanza della tutela di questi piccoli siti (Palude di Pellegrina, Brusà e Busatello), che rappresentano una memoria storica, ambientale e sociale di un passato che è stato dimenticato e spazzato via. L’importanza delle zone umide è determinato dal fatto che, causa la grande presenza d’acqua, conservano in sé un buon numero di varietà di forme viventi che non si riscontrano in nessuna altra tipologia di territorio.
La nostra motivazione, nell’intraprendere questa avventura, che non dà alla Cooperativa nessun tipo di reddito, è data dalla convinzione che una delle funzioni delle aziende agricole dovrebbero avere è quella della tutela ambientale.
Secondo noi ogni azienda agricola dovrebbe “adottare" una parte del proprio territorio e rinaturalizzarlo. Solo così non faremo diventare un deserto il nostro ambiente.
Il progetto da noi messo in pratica, prevede una parte di rimboschimento (abbiamo piantato circa 800 alberi) con essenze autoctone (ontani, frassini, olmi, carpini ecc.).
Una zona dove abbiamo cercato di mantenere il cariceto, senza peraltro riuscirvi: è una zona che abbiamo reso volutamente inaccessibile per comprendere e studiare l’evoluzione ecologica della zone umide.
Abbiamo osservato, nel corso di 10 anni, che da una vegetazione a canneto, causa la carenza sempre più marcata d’acqua, si passa ad una competizione tra rovi e canneto, l’affermazione dei rovi che entrano in competizione con il salice cinerino, il quale prenderà il sopravvento per specializzarsi in un bosco a vocazione umida quasi monospecie.
Nell’ultimo anno abbiamo cercato di coinvolgere nel progetto palude anche le associazioni ambientaliste le quali hanno risposto in maniera entusiasta e concreta.
L’onere dell’affitto è passato dal 2008 alla Lega Abolizione Caccia (L.A.C.) e si è creato un comitato spontaneo dove sono presenti LIPU, WWF, CTG, Circolo ARCI ed altri con l’obiettivo di creare un corridoio ecologico tra Palude di Pellegrina e Palude del Busatello, al fine di mettere in collegamento due delle tre zone umide rimaste nella Provincia di Verona, prevedendo lungo questo percorso rimboschimenti ed altri interventi di miglioramento ambientale.
Con l'aumento della superficie coltivata abbiamo dovuto dotare l'azienda di macchinari ed attrezzature adeguate.
Lo sforzo economico è sicuramente importante, ma siamo aiutati in questo da uno dei pilastri che caratterizzano la Cooperazione: non c'è fine di lucro nella nostra impresa, di conseguenza c'è una buona capacità di investire ed innovare, al fine di creare nuova occupazione.
Penso che il succo della vera cooperazione e la sua forza preponderante stia in questo semplice concetto di fondo. Purtroppo, tante e tante volte, le cronache ce lo dicono continuamente, questo concetto è stato tradito, sminuendo e svilendo la portata e l'importanza che la cooperazione potrebbe avere sia in campo economico che in quello sociale.
Nel 2017 è stato costruito un magazzino attrezzato, dove poter lavorare in modo ottimale i prodotti della nostra Terra e dove le persone possano lavorare in maniera dignitosa e razionale.
SOCIETÀ COOPERATIVA AGRICOLA CA' MAGRE - P.IVA: 02079840233